
Il primo film analizzato è "Il sapore del riso al tè verde" (1952), diretto dal noto regista giapponese Yasujiro Ozu, che pone al centro della trama una coppia di sposi senza figli, Taeko e Mokichi, impegnati, durante tutta la durata del film, ad affrontare una difficile crisi matrimoniale.
Il film si inserisce nel filone del "cinema neorealista" giapponese (genere molto amato da Ozu).
Mokichi, essendo un uomo di umili origini, rimane pur sempre una persona dai gusti semplici, così come semplice è il sapore del riso al tè verde, una modesta pietanza che lo riporta costantemente con la memoria alla sua infanzia e che la moglie sembra non essere in grado di apprezzare.

Un altro film è "Tè Verde (in lingua originale "Lü cha")" (2002), diretto dal regista cinese Zhang Yuan e tratto dal romanzo "Adiliya dal fiume" (1999) di Jin Renshun.
La storia ruota attorno alla figura di Wu Fang, una giovane studentessa laureata, che si imbatte in una serie di appuntamenti al buio, in cerca del vero amore, che troverà infine nella figura di Chen Minglian; degno di nota è il fatto che durante gli appuntamenti in cui Wu Fang incontra perfetti sconosciuti, la protagonista ha delle visioni che le mostrano delle foglie di tè verde, e che vengono interpretate dalla ragazza come un monito sul fatto che l'uomo che le sta di fronte non è il vero amore della sua vita.

La storia ruota attorno alla figura di sei donne giapponesi costrette ad abbandonare i loro legami affettivi in Australia e ritornare in patria, in seguito ad una legge australiana del 1948 decretata dal primo ministro australiano.
Dopo la fine della guerra, nel 1952, il governo australiano permise il ritorno delle mogli giapponesi dei soldati australiani, ma dopo le ostilità queste donne fecero molta fatica a reintegrarsi nella società australiana, vedendo sempre nei confronti dei loro connazionali una velata ostilità.
Il tè verde viene riferito in questo caso alla tradizione giapponese, in netto contrasto in quegli anni con la tradizione australiana.
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